18/07/16

Sul senso del "viaggio": alla scoperta di se stessi e degli altri.

Da sempre il "viaggio" è stato interpretato come metafora della vita. Molti filosofi e scrittori si sono interrogati sul significato intimo, e non solo antropologico e sociologico, che il "viaggio" ha avuto e continua ad avere nei popoli che abitano la Terra. Danilo Di Gangi, che di chilometri sotto le suole delle scarpe ne ha calpestati tanti, prova a fornirci quella che è la sua visione di scrittore affamato del mondo.

Da sempre si disserta sul senso del viaggio. Che cosa è che muove un viaggiatore ad abbandonare il proprio luogo di appartenenza e avventurarsi verso “l’altrove”? Irrequietezza, voglia di libertà, ricerca di solitudine, intelligenza emotiva, bellezza dei paesaggi, semplice curiosità, creazione di nuove identità?
All’inizio di un viaggio spesso c’è un sogno, un qualcosa che stimola la fantasia: un nome, una strada, una montagna, un mare, un deserto, una storia. Tuttavia, viaggiare significa anche adattarsi all’ambiente, interagire con esso, ritrovarsi vulnerabili e insicuri, nudi. E proprio in virtù di questa nudità si è pronti a cementificare lungo il percorso rapporti di reciprocità con ciò che ci circonda, esseri umani e non. Durante il viaggio le qualità migliori dell’individuo riemergono prepotentemente: generosità, grandezza d’animo, lealtà, onestà. Parimenti si sviluppano le capacità decisionali e di autonomia, basate sull’efficacia delle proprie azioni e delle proprie scelte. Viaggiare significa sentirsi stranieri ovunque ma uguali agli altri: discendenze e cariche sociali sono termini che non appartengono al vocabolario di un nomade.
Il senso del viaggio inizia perciò dall’approccio al viaggio stesso, dalla consapevolezza che il disagio sarà un compagno di peregrinazioni, che fatica fisica e fatica mentale procederanno a braccetto e tanto più saranno uniti tanto più grande sarà la gioia dello stato d’animo  che si raggiungerà.
Il meglio non è quindi dettato dalla ricerca“dell’altrove” ma dal raggiungimento di uno stato d’animo in grado di sublimare se stesso. L’obiettivo dello scrittore sarà poi quello di essere in grado di far ri-vivere al lettore lo stesso “stato d’animo” attraverso le pagine del libro.
La natura svolge un ruolo fondamentale in tutto ciò poiché luogo per eccellenza di stimoli, emozioni e sensazioni che rappresentano un modo di essere dimenticato dall’uomo.  La natura è maestra di vita ed espressione del divino. La natura ci mostra cosa sono evoluzione e mutamento, ci ricorda, attraverso la sua imprevedibile potenza, che non tutto è dominabile da parte nostra. Bene lo sapevano le antiche popolazioni nomadi che la assecondavano e convivevano con essa. Purtroppo, la nostra inesausta sete di dominio ci ha portato a tradirla e a tradire noi stessi.
Che significa, oggi, il nomadismo? Proprio quando l’extracomunitario viene a inurbarsi per perdere tra di noi la sua identità, esso significa ritrovare la storia antica dell’uomo. Storia di movimenti, di migrazioni; storia di conflittualità con le popolazioni stanziali, di rinuncia al superfluo, di costrizione all’indispensabile. Il nomade ha perfino divinità non rappresentabili perché non trasportabili; decora il proprio corpo perché non porta maschere, che pesano e ingombrano; ha una frugalità assoluta perché anche le scelte gastronomiche gli sono impraticabili; ha un rapporto privilegiato con gli animali e l’ambiente perché le tracce, gli odori, i segni gli sono condizioni di vita; conosce le stelle e il vento perché ogni movimento ne è condizionato. Ritrovare questo stato d’animo significa riconnettersi con l’energia che da vita all’universo tutto, ritrovare il giusto senso delle proporzioni e dei propri limiti, ricollocarsi nell’immensità del tutto, far sì che il viaggio diventi mediazione tra Velato e Rivelato.
Ecco che il senso del viaggio diviene l’esperienza del continuum infinito presente, il tempo in funzione dello spazio, del procedere, del presente, passo dopo passo. La percezione ordinaria del tempo e dello spazio si annullano e si compenetrano: il viaggio diventa un “volo sciamanico”, al di là della sua misurazione e quantificazione.
Ogni percorso, ogni tragitto può farsi una storia, un racconto, una riconquista di una scoperta del sé più profondo ma, soprattutto, ogni viaggio è un universo di emozioni circondato da spazi e da silenzio. Da ciò nasce una predisposizione alla trasformazione e ogni peregrinazione diviene motivo per non essere noi a voler cambiare il mondo ma il mondo a cambiare noi.
Viaggiare e “viaggiare attraverso i miei libri” è un invito a rendersi disponibili per questa trasformazione, per conoscere la storia e la geografia di luoghi lontani, ricchi di cultura, tradizioni e insegnamenti, per ritrovare lo stupore del cammino all’interno di una natura ignota e miracolosa, per osservare, respirare e assorbire l’incanto del mondo e, leggendo e vivendo il viaggio, i pensieri di ognuno serviranno a far girare la Grande Ruota della Vita.



Danilo Di Gangi

L'ultimo libro di Danilo Di Gangi pubblicato con Edizioni il Ciliegio si intitola Nepal fra terra e cielo.

Danilo Di Gangi è nato a Cuneo, ove risiede, nel 1963. Scrittore, viaggiatore e insegnante, ha pubblicato per le edizioni L’Arciere: Cieli d’infinito. Mongolia, terra senza tempo (2003); Il Gioiello di neve. Kailash, l’essenza del Tibet (2004); Fra barbari e dei. La vera politica cinese in Tibet (2008). Per le edizioni Campanotto: Siberia (in)contaminata (2010). Per le edizioni Il Ciliegio: Viaggio al limitare del tempo. Un racconto esoterico (2010); Lungo come l’Indo (2012). Per le edizioni Pietre Vive: Forse spazi (2013), raccolta di poesie e immagini.

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